ENHANCERS: DISCOVERED A NEW APPROACH TO GENE THERAPY

 GlobulirossiFacilitatori: un nuovo approccio alla terapia genetica

sono una nuova prospettiva per il trattamento di diverse malattie legate ad una scarsa o difettosa produzione genica. Essi agiscono intervenendo sullo specifico programma cellulare. Un sistema di regolazione che agisce a diversi livelli (trascrizione, traduzione, post-traduzione). Ne sono manifestazioni i  cambiamenti della cromatina, la trascrizione, il processamento dell’RNA, il trasporto dell’RNA al citoplasma, la regolazione post trascrizionale (microRNA), la traduzione, il taglio proteolitico e le modificazioni chimiche delle proteine, la degradazione delle proteine. I ricercatori hanno trovato delle molecole che possono agire in tutte queste fasi riattivando/modulando processi genetici spenti/ipo- od iperattivi.

Applicazioni

La terapia scoperta potrebbe già essere attiva in alcune malattie diffuse nel bacino del Mediterraneo come la thalassemia o l’anemia falciforme. Molte altre malattie ematiche potrebbero però trarne giovamento.

Researchers have found a promising new method for gene therapy according to a new research from the Hubrecht Institute (De Laat group), Erasmus MC and Sanquin, published in the journal Blood.

The rearchers successfully restarted inactive genes by bringing them closer to genetic switches on the DNA called enhancers. The intermediate piece of DNA was cut out using CRISPR-Cas9 technology. This strategy opens up new possibilities for treating genetic diseases. The team specifically shows the technology’s potential for the treatment of sickle cell disease and beta-thalassemia, two genetic blood diseases. In these conditions, a faulty gene could potentially be compensated by reactivating a helpful but normally inactive one. This ‘delete-to-recruit’ method works by simply changing the spacing—without adding new genes or foreign elements.

The genes in our DNA carry instructions for making proteins, which perform a range of functions in our cells. But not all genes are active at all times. For instance, some proteins are only needed when specific nutrients need to be broken down. Others only carry out functions during embryonic development and are inactive later in life. For our cells to function properly, it is therefore important that gene activity is precisely regulated.

One way to do this is through enhancers: stretches of DNA capable of turning genes on, like a genetic switch.

Bringing it closer
Enhancers can be located next to the gene they control, but can also be far away on the DNA. “In this study, we discovered that it’s possible to activate a gene by bringing it closer to an enhancer,” says Anna-Karina Felder, one of the study’s first authors. Felder and her colleagues Sjoerd Tjalsma, Han Verhagen and Rezin Majied achieved this by using CRISPR-Cas9, a technology acting as molecular scissors that can be guided very precisely to cut the DNA. “We directed the scissors to cut out a piece of DNA between an enhancer and its gene, bringing them closer together,” Felder explains. “In adult cells, this successfully reactivated genes that are normally only active during embryonic development”. The team refers to this entirely new way of reactivating genes as ‘delete-to-recruit’.

Faulty hemoglobin
The new strategy offers hope for patients with sickle cell disease and beta-thalassemia. In these genetic blood diseases, the adult globin gene is broken. This causes the protein hemoglobin, responsible for carrying oxygen in our red blood cells, to not form properly. As a result, red blood cells are broken down too quickly and patients suffer serious lifelong symptoms such as anemia, fatigue and, eventually, organ damage. Blood transfusions are often necessary.

Restarting the backup engine
Delete-to-recruit technology could be used to treat these patients by harnessing the fetal globin gene. This gene is naturally active before birth, and part of the hemoglobin produced within the fetus. Once the child is born, it is switched off. “In people with sickle cell disease or beta-thalassemia, it’s the adult globin gene—the main engine that powers red blood cells—that is broken. But fetal globin is like a backup engine. By switching it back on, we can repower the red blood cells and possibly cure these patients,” Felder, one of the main author of research, said.

New possibilities
“While we’re still in the early stages, this research lays important groundwork for the development of new gene therapies,” Felder says. This goes beyond the scope of genetic blood diseases, as the new method could also be applied to other diseases where insufficient amounts of healthy proteins can be compensated by restarting a ‘backup engine gene’. The broader field of gene therapy could thus benefit from delete-to-recruit technology, because it uses a different approach than currently available therapies.

di Guido Francesco Guida

MANDORLE, UN TOCCASANA PER LA SALUTE

mandorle1Pubblicato un nuovo studio peer -reviewed su Nutrition Research condotto alla Oregon State University (USA) che dimostra i benefici dell’assunzione di mandorle nella sindrome metabolica detta anche sindrome X, da insulino-resistenza, o di Reaven.

Sindrome metabolica

mandorleLa sindrome metabolica è una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di un cluster (aggregato) tipico delle nostre società. Coesistono infatti obesità centrale, dislipidemia, resistenza all’insulina, ipertensione arteriosa e disfunzione endoteliale (rivestimento interno dei vasi). Una molteplicità di fattori che, fra loro correlati, concorrono ad aumentare la possibilità di sviluppare diabete, malattie a carico dell’apparato cardio-circolatorio e, recentemente, disfunzione cognitiva e demenza.

La prevalenza della sindrome è molto variabile, in quanto dipende dall’età, dal gruppo etnico, dai vari gradi di obesità e dalla predisposizione genetica a sviluppare il diabete mellito di tipo 2. Nelle nazioni occidentali, quali l’Italia e gli Stati Uniti d’America, oltre il 35% degli ultracinquantenni ne soffre con una prevalenza nelle donne.

Era già noto che tale sindrome si giovasse del dimagramento, dell’attività fisica regolare e, soprattutto della dieta. Ma ci si chiedeva se esistessero alcuni alimenti particolarmente utili in questa condizione.

La dieta mediterranea (recentemente rivalutata a scopo anche preventivo ne contiene alcuni   https://www.italymagazine.eu/index.php/2025/05/30/la-nuova-piramide-alimentare-della-dieta-mediterranea/

Tra di essi la frutta secca e le mandorle in particolare.

Lo studio
Si tratta di un trial clinico randomizzato. I ricercatori hanno condotto un trial di 12 settimane in cui venivano confrontati 2 gruppi di persone (tra i 30 ed i 60 anni) con sindrome metabolica. Il primo gruppo (mandorle) ha ricevuto uno snack di 320 Calorie al giorno provenienti dalle mandorle (circa 45 di media taglia) mentre il gruppo di confronto ha assunto le stesse calorie da cracker.

I campioni di sangue valutati a 4 ed a 12 settimane hanno trovato nel gruppo mandorle un significativo aumento di vitamina E (nota per l’azione antiossidante), una riduzione del colesterolo totale, di quello LDL e della circonferenza dell’addome. Maggiore anche la presenza di fibre solubili, magnesio, rame, biotina, acidi grassi poliinsaturi ed il rapporto α-tocoferolo/colesterolo. Il consumo di mandorle ha anche migliorato i biomarker tipici di una buona barriera intestinale e di infiammazione locale (fecal calprotectina fecale e mieloperossidasi) in coloro i quali all’ingresso nello studio mostravano infiammazione intestinale. Peso corporeo e marker del metabolismo glucidico (glucosio, insulina), di infiammazione sistemica (plasma interleukina-6, PCR, proteine trasportatori di lipopolisaccaridi, CD14) e danno ossidativo (malondialdehyde) non si sono modificati dal consumo di mandorle. Forse per la brevità del tempo valutato.

Lo studio è stato condotto all’Oregon University (USA), pubblicato su Nutrition Research di luglio 2025 da Laura M. Beaver e colleghi e promosso da: The Almond Board of California, the National Institute of Food and Agriculture, the Oregon Agricultural Experiment Station and the National Institutes of Health.,

Le mandorle

mandorloGli effetti benefici delle mandorle sono noti da tempo. Esse, infatti, per la loro alta concentrazione di grassi monoinsaturi e polinsaturi, riducono i livelli di colesterolo LDL (cosiddetto cattivo), l’infiammazione e la sensibilità all’insulina. Inoltre, possono svolgere un ruolo nella gestione del peso in quanto la loro densità nutrizionale e il contenuto di fibre e proteine favoriscono la sazietà, aiutando così a ridurre l’apporto calorico complessivo (Dreher et al., 2017). Mandorle come spuntino inoltre migliorano la tolleranza all’esercizio fisico e riducono la percezione del dolore muscolare nei soggetti moderatamente in sovrappeso (Crisp et al., 2020).mandorle4

Ricordiamo però che sono un alimento altamente calorico (628 Cal/100gr) e che, quindi, non bisogna abusarne.

Il frutto

Le mandorle (Prunus dulcis) sono un alimento altamente benefico e versatile. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli USA (la California in particolare). L’Italia, con 74.584 tonnellate, è al settimo posto. La Sicilia è la regione italiana che ne produce di più a livello nazionale (80%), con una coltivazione che avviene principalmente nel territorio agrigentino ed in Val di Noto, tra Siracusa e Ragusa.

produzionemandorle1La mappa dei Paesi produttori mostra poi un dato alquanto suggestivo: ad una ridotta produzione corrisponde una minore aspettativa di vita.

Conclusioni

Alla luce della letteratura e di questo studio “Benchè vi sia qualche problema riguardo all’allergia da mandorle (rara 0,2% e lo 0,5% popolazione n.d.r.) è facile raccomandarne uno snack soprattutto nei soggetti a rischio di malattie metaboliche” ha concluso Emily Ho una delle principali ricercatrici impegnate nello studio della Oregon State University.

 

di Guido Francesco Guida